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La Bibbia è composta da due parti principali: le scritture ebraiche o Tanakh (largamente coincidenti con il Vecchio Testamento cristiano) e il Nuovo Testamento (NT), che costituisce la scrittura distintamente cristiana. Questi antichi testi si sono sviluppati in modi diversi, evolvendo rispettivamente nella Bibbia ebraica e nel Nuovo Testamento.
La Bibbia Ebraica
Il testo della Bibbia ebraica, che contiene parti in ebraico e alcune in aramaico, è conservato principalmente nel testo masoretico (MT), un prodotto del giudaismo antico mainstream. La Bibbia ebraica ha raggiunto la sua forma definitiva tra il I e il II secolo d.C., ma il MT è stato registrato solo circa 1.000 anni dopo. Il testo masoretico include le consonanti, con cui sono scritti principalmente l’ebraico e l’aramaico, insieme a una serie di segni diacritici che indicano le vocali e il modello di canto associato a ciascuna parola. Questo riflette l’uso liturgico del testo, sia come testo cantato sia nella sua applicazione di eufemismi e note esplicative.
Durante il Rinascimento europeo, con l’accento sul ritorno alle fonti del sapere e della cultura, furono studiati altri testi ebraici, un processo che continua fino ad oggi. Gli studiosi del Rinascimento scoprirono che la versione del Pentateuco usata dalle piccole comunità religiose samaritane in Terra Santa era un’antica testimonianza indipendente di parte della Bibbia ebraica. A metà del XX secolo, furono scoperti in una serie di grotte a Qumran, vicino al Mar Morto, numerosi rotoli (i Rotoli del Mar Morto, o DSS), molti dei quali contenevano parti della Bibbia. Alcuni testi di Qumran erano identici al MT, mentre altri testimoniavano un testo leggermente diverso. A volte, i testi DSS corrispondono alla base testuale della Settanta.
Versioni Antiche
Le antiche versioni o traduzioni bibliche si dividono in due gruppi principali. Il primo include quelle basate interamente o in parte su un testo ebraico, tra cui la Settanta (LXX), la Vulgata latina, i Targum aramaici e il Peshitta siriaco. Le versioni usate in Oriente si basano sul greco, e tra queste figurano traduzioni in copto, etiope classico o Geez, armeno e georgiano. Quasi tutte le versioni europee pre-riformate si basano sulla Vulgata.
Tra le versioni antiche, la Settanta è la più importante. È la più antica e indipendente: sia la Vulgata che il Peshitta sono basate sul testo ebraico, ma mostrano una certa familiarità con la Settanta. Il bilinguismo, l’uso regolare di due o più lingue da parte di una persona, era comune nel mondo antico, tra mercanti, scribi e persino persone comuni. Testi bilingui si trovano in tutto l’antico Vicino Oriente, con iscrizioni pubbliche bilingui da ogni angolo della regione, inclusa l’Egitto.
La traduzione della Settanta iniziò nel III secolo a.C. Una leggenda, conservata in varie forme tra cui la Lettera di Aristea, attribuisce il lavoro al desiderio dei Tolomei in Egitto di avere una biblioteca completa di tutto il sapere e la letteratura del mondo. Tuttavia, gli studiosi ritengono che il lavoro sia stato intrapreso dagli ebrei per uso liturgico interno. La porzione tradotta nel III secolo a.C. fu il Pentateuco, ossia i cinque libri di Mosè (o Torah), e il termine Settanta si riferisce tecnicamente solo a questa parte.
Dopo l’ascesa del cristianesimo, che usava largamente la Settanta per il culto, gli ebrei prepararono varie versioni riviste per uso specifico, legate a studiosi come Aquila, Simmaco e Teodozione, che avvicinavano il testo greco all’ebraico. Origene raccolse queste versioni nel suo Hexapla.
Il Nuovo Testamento
A differenza della Bibbia ebraica, che esiste principalmente in una sola forma, il Nuovo Testamento greco è attestato in molte forme, attraverso migliaia di manoscritti antichi e medievali. Lo studio di questi manoscritti iniziò nel XVI secolo con il dotto olandese Erasmo, che cercava di trovare la forma migliore del testo, basandosi su quella più comunemente usata. Oggi, gli studiosi identificano il testo più antico come il migliore.
Le prime testimonianze del NT greco includono citazioni estese nelle opere dei Padri della Chiesa e prime traduzioni, tra cui versioni in siriaco e latino risalenti al II secolo d.C. Le traduzioni copte, emerse nel III secolo d.C., sono considerate tra le più antiche, mentre altre versioni antiche come l’etiope, l’armeno e il georgiano sono talvolta utili per tracciare le tradizioni testuali.
Le Famiglie di Manoscritti
I migliori testi greci del Nuovo Testamento provengono dai manoscritti onciali (scritti interamente in lettere maiuscole), risalenti al IV e V secolo d.C. Questi manoscritti hanno portato alla distinzione di varie famiglie testuali, tra cui quella bizantina, su cui si basa il textus receptus, e le famiglie alessandrina e caesarea, considerate superiori e utilizzate per le edizioni moderne del Nuovo Testamento.
Le Scoperte dei Papiri
Nel XIX e XX secolo furono scoperti circa 100 papiri del Nuovo Testamento, che si rivelarono più antichi degli onciali e dunque più vicini al periodo di composizione del testo. Anche se nessun papiro può essere considerato identico all’originale di una parte del Nuovo Testamento, essi confermarono in gran parte i modelli di distribuzione testuale proposti dagli studiosi del XIX secolo.