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L’Epicureismo è una corrente filosofica che prende il nome da Epicuro, filosofo greco che fondò una scuola ad Atene, la quale continuò a operare per circa sette secoli dopo la sua morte. Epicuro, nato a Samo nel 342 a.C. e morto nel 270 a.C., fu cittadino di Atene e il suo contributo principale fu incentrato sull’applicazione pratica della filosofia, con l’obiettivo di permettere agli individui di condurre una vita piacevole e virtuosa. Le sue idee sono spesso state fraintese e denigrate da alcuni pensatori successivi, che hanno dato all’Epicureismo una connotazione negativa, associandolo a un edonismo sfrenato e alla ricerca esclusiva di piaceri materiali.

Le idee fondamentali di Epicuro

Le opere di Epicuro che sono sopravvissute, in particolare le lettere a Erodoto e a Meneceo, presentano perlopiù una riformulazione di concetti già noti, con una significativa eccezione: il suo contributo all’atomismo. Secondo Epicuro, i fenomeni dell’universo potevano essere spiegati attraverso l’interazione di minuscole particelle di materia, chiamate atomi, che seguono leggi fisiche prevedibili. Questa visione eliminava la necessità di coinvolgere divinità per spiegare l’esistenza dell’universo. Di conseguenza, Epicuro affermava che l’umanità dovesse liberarsi dal terrore provocato dall’ansia di malattie, disastri e altre calamità, spesso attribuite alla collera degli dèi.

Epicuro introdusse anche un elemento innovativo nella sua visione atomistica: egli postulava che alcuni atomi si potessero muovere volontariamente, deviando dalla loro traiettoria naturale. Sebbene questa deviazione non fosse completamente spiegata, essa consentiva a Epicuro di evitare una visione completamente deterministica dell’universo, lasciando spazio al libero arbitrio e al significato individuale.

La filosofia del piacere e dell’assenza di dolore

Epicuro insegnava in un giardino ad Atene a partire dal 306 a.C. fino alla sua morte. Questo periodo fu caratterizzato da grandi cambiamenti culturali e politici, con l’ascesa di figure come Aristotele e Alessandro Magno. In un contesto di incertezza e mutamenti, Epicuro promuoveva una filosofia volta a massimizzare il piacere e la serenità, piuttosto che cercare di compiacere forze sovrannaturali o rispondere alle paure legate agli dèi. Questa dottrina rientra nell’edonismo, ovvero la ricerca del piacere come scopo principale della vita.

Tuttavia, l’edonismo di Epicuro non era una ricerca sconsiderata di piaceri immediati senza tener conto delle conseguenze. Epicuro invitava a selezionare i piaceri in modo ponderato, considerando gli eventuali dolori che ne potevano derivare. Per esempio, bere vino in modo sconsiderato poteva portare a una sgradevole sbornia, mentre comportamenti criminali potevano portare a sofferenze derivanti dalla punizione. Quindi, l’edonista sensato è anche una persona virtuosa, capace di evitare piaceri che possano causare dolore a sé o agli altri.

Il rapporto con la virtù e la religione

Nonostante la centralità del piacere nella sua filosofia, Epicuro non attribuiva alla virtù un valore intrinseco, il che rendeva la sua posizione piuttosto paradossale. La virtù, secondo lui, era solo un mezzo per raggiungere una vita felice e priva di dolori. Per quanto riguarda la religione, Epicuro credeva nell’esistenza degli dèi, ma affermava che essi vivevano in una condizione di beatitudine e indifferenza rispetto agli esseri umani. In altre parole, gli dèi non intervenivano nel mondo umano. Questa visione riduceva l’angoscia legata all’idea di una punizione divina per le azioni umane. Tuttavia, è possibile che Epicuro avesse mantenuto la credenza negli dèi per evitare problemi politici, data la pericolosità di negare apertamente la loro esistenza nell’Atene dell’epoca.

Epicureismo a Roma e il suo declino

Dopo la morte di Epicuro, la sua scuola continuò a prosperare, soprattutto a Roma. Due dei tutori di Cicerone erano epicurei, e Seneca, filosofo stoico, difese le idee di Epicuro contro le critiche, in particolare da parte dei cristiani. Tuttavia, la conversione dell’imperatore Costantino al cristianesimo nel 313 d.C. segnò il declino dell’Epicureismo come corrente filosofica di rilievo. Uno dei principali problemi dell’Epicureismo era la sua incapacità di innovare: una volta accettato che Epicuro aveva individuato la via giusta per condurre una vita felice, non c’era molto altro da discutere o sviluppare.

La mancanza di evoluzione del pensiero epicureo lo rese vulnerabile alle critiche da parte di credenti religiosi, che lo consideravano come una filosofia di egoismo e autoindulgenza. Anche i tentativi di difendere l’Epicureismo da parte di alcuni umanisti vennero visti come atti di libertinismo. L’opera del poeta e filosofo romano Lucrezio, “De Rerum Natura” (Sulla natura delle cose), rappresenta una delle esposizioni più complete e brillanti del pensiero epicureo.

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