Uno degli episodi chiave di questo periodo fu la morte dell’imperatore romano Giuliano l’Apostata nel 363 d.C., ucciso in battaglia contro i Persiani. Dopo la sua morte, Roma cedette una parte del territorio, compresa l’Armenia, e le relazioni tra i due imperi rimasero tese per decenni.
Un altro fattore che intensificò i conflitti tra Bizantini e Persiani fu la religione. Mentre l’Impero Romano d’Oriente abbracciava il Cristianesimo, l’Impero Sassanide era devoto allo Zoroastrismo. La persecuzione dei cristiani in Persia portò l’imperatore romano Teodosio II a dichiarare guerra, che si concluse con un trattato di pace. Nel 442 d.C., i due imperi furono costretti a cooperare di fronte alla minaccia degli Unni, ma la tregua fu interrotta nel 502 d.C. quando i Persiani, richiedendo tributi, invasero Siria e Armenia.
Le ostilità continuarono con alti e bassi per tutto il VI secolo, fino a una tregua temporanea nel 591 d.C., con la regione del Caucaso che tornava sotto la sovranità romana, sotto l’imperatore Maurizio.
Il conflitto riprese in modo violento nel 602 d.C., quando una rivolta militare portò all’assassinio di Maurizio e all’ascesa al trono del tiranno Foca. I Persiani, sostenendo di voler vendicare la famiglia di Maurizio, invasero nuovamente i territori romani, dando inizio all’ultimo grande conflitto tra i due imperi.
Nel frattempo, il governatore romano del Nord Africa inviò suo figlio, Eraclio, a rovesciare Foca. Eraclio divenne imperatore nel 610 d.C., ma i primi anni del suo regno furono segnati da pesanti sconfitte. I Persiani conquistarono vaste regioni, tra cui Siria, Palestina ed Egitto, e saccheggiarono l’Anatolia.
Eraclio però non si arrese. Con il supporto del patriarca di Costantinopoli e utilizzando il denaro della Chiesa, comprò la pace con gli Avari (una popolazione ostile a nord) e ricostruì il suo esercito. Nel 622 d.C., ottenne la sua prima vittoria in Anatolia orientale e spostò il teatro delle operazioni verso il Caucaso.
Nel 626 d.C., i Persiani, alleati con gli Avari e gli Slavi, tentarono di assediare Costantinopoli. Tuttavia, la città resistette, respingendo gli Avari e distruggendo le flotte slave grazie alla marina bizantina. I Bizantini attribuirono la salvezza della città all’intercessione della Vergine Maria, rafforzando ulteriormente la loro fede religiosa.
Nel corso del conflitto, i Persiani avevano anche catturato Gerusalemme e deportato migliaia di cristiani in Persia, compreso il patriarca, e si erano impossessati della Santa Croce, una reliquia sacra del cristianesimo. Questi gesti cercavano di minare la spiritualità bizantina.
Con l’aiuto dei Cazari, un popolo turco delle steppe, Eraclio portò la guerra in Persia. Nel 627 d.C., sconfisse i Persiani e marciò su Ctesifonte, la capitale persiana. La guerra si concluse con un trattato di pace nel 629 d.C., dopo che Kavad II, figlio di Khosrow II, rovesciò il padre e restituì la Santa Croce a Eraclio.
La guerra lasciò entrambi gli imperi gravemente indeboliti. Per i Persiani, fu una disfatta devastante, che contribuì al crollo del loro impero. L’Impero Bizantino, pur vittorioso, era profondamente danneggiato economicamente e militarmente. Questo indebolimento fu sfruttato dagli eserciti musulmani, che, poco dopo la fine del conflitto, emersero dall’Arabia sotto la guida dei califfi ben guidati, i successori del profeta Maometto. Senza una resistenza significativa, i musulmani conquistarono rapidamente la Persia, la Siria, la Palestina, l’Egitto e il Nord Africa, cambiando per sempre la mappa geopolitica della regione.
Le guerre tra l’Impero Bizantino e l’Impero Sassanide non solo rappresentano uno degli scontri più lunghi e complessi dell’antichità, ma hanno anche segnato il destino di entrambe le potenze. La loro debolezza finale aprì la strada a nuove forze, in particolare quella dell’Islam, che avrebbe trasformato il panorama politico e religioso del Medio Oriente e oltre.