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Boudicca, conosciuta anche come Boadicea, fu una delle più importanti figure della resistenza celtica contro l’occupazione romana della Britannia. Nata nell’aristocrazia celtica, poche informazioni certe sono giunte fino a noi sulla sua vita. Alcuni studiosi sostengono che il suo vero nome possa essere sconosciuto, ipotizzando che “Boudicca” derivi da “Boudiga”, il nome della dea celtica della vittoria, successivamente latinizzato dai Romani.

Il Matrimonio con Prasutago e l’Alleanza con i Romani

Intorno al 48 d.C., Boudicca sposò Prasutago, re degli Iceni, una tribù celtica che abitava l’attuale regione dell’Anglia orientale, nell’Inghilterra orientale. Boudicca e Prasutago ebbero due figlie. Gli Iceni erano stati tra le tribù che avevano inizialmente sottomesso a Giulio Cesare durante le sue campagne in Britannia nel 55 e 54 a.C., mantenendo rapporti commerciali con l’Impero Romano tra il 65 a.C. e il 61 d.C.

Quando i Romani invasero la Britannia nel 43 d.C., Prasutago venne riconosciuto come sovrano cliente dell’Impero. Questo status gli garantì protezione militare, fondi, lavoro e accesso all’istruzione, ma comportò anche pesanti tributi, schiavitù e subordinazione.

La Ribellione degli Iceni

Nel 60 d.C., mentre le forze romane erano impegnate nella campagna contro i Druidi in Galles, Prasutago morì. Boudicca assunse il ruolo di regina o reggente degli Iceni, custodendo l’eredità delle sue figlie. Secondo il testamento di Prasutago, metà delle sue ricchezze doveva andare alle figlie, per coprire le doti e i tributi dovuti ai Romani. Tuttavia, l’altra metà era destinata a Roma, in conformità con il suo status di cliente dell’Impero.

Quando morì, Roma, sotto il dominio dell’imperatore Nerone, decise di ignorare il testamento e sequestrò tutti i beni di Prasutago, dichiarando che fosse illegale destinare beni a chiunque al di fuori dell’imperatore. Inoltre, i nobili Iceni vennero espropriati delle loro terre, schiavizzati, e l’Impero Romano reclamò anche il denaro prestato per sostenere la corte degli Iceni. Quando Boudicca protestò, venne presa in ostaggio, spogliata e frustata dai Romani. Le sue figlie furono violentate dai soldati romani, un’azione che provocò indignazione e rabbia tra i Celti.

La Rivolta Celtica

Dopo essere stata liberata, Boudicca organizzò una grande rivolta, coinvolgendo non solo gli Iceni, ma anche altre tribù, come i Trinovanti. La rivolta, che durò diversi mesi tra il 60 e il 61 d.C., fu finanziata con l’emissione di numerose monete d’argento da parte degli Iceni. Boudicca si distinse per la sua ferocia e determinazione nel guidare il suo esercito, che arrivò a contare circa 100.000 guerrieri celtici. Questo esercito, composto sia da uomini che da donne, non diede tregua ai Romani, con i quali i Celti avevano combattuto per secoli, guadagnandosi persino il rispetto dei loro nemici.

Le forze di Boudicca distrussero tre importanti città romane: Londinium (l’attuale Londra), Verulamium (l’attuale St. Albans) e Camulodunum (l’attuale Colchester). In queste incursioni vennero uccise migliaia di persone, e le città furono completamente rase al suolo. Secondo le fonti storiche, un’intera legione romana si rifiutò di combattere contro l’esercito di Boudicca, riconoscendo la sua potenza e la ferocia dei suoi guerrieri.

La Sconfitta e la Morte di Boudicca

Nonostante i successi iniziali, la ribellione di Boudicca venne infine schiacciata dal governatore romano, Svetonio Paolino. Durante l’ultima battaglia, le forze romane inflissero una pesante sconfitta ai Celti, massacrando non solo i guerrieri, ma anche i loro sostenitori e familiari. Si stima che oltre 100.000 persone siano morte durante il conflitto. Dopo la sconfitta, Boudicca si tolse la vita avvelenandosi, preferendo la morte piuttosto che essere catturata dai Romani.

In seguito alla rivolta, i Romani presero misure drastiche per prevenire future insurrezioni. Gli Iceni vennero relocati a Caistor-by-Norwich, lungo il fiume Tas, ponendo fine alla loro indipendenza. Boudicca, nonostante la sconfitta, divenne un simbolo di resistenza e libertà contro l’oppressione romana, e la sua storia è stata celebrata nei secoli successivi come esempio di coraggio e determinazione.

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