Krishna consiglia ad Arjuna che è giusto partecipare a un’impresa virtuosa, a patto che lo si faccia con la mente rivolta a Dio e senza cercare ricompense terrene o potere come fine ultimo. Questo insegnamento si espande poi su come l’umanità possa conoscere e comprendere Dio. Nella Bhagavad Gita viene presentato il concetto induista dell’unione mistica con Dio, descritta attraverso un approccio tripartito alla trascendenza:
Il mondo fisico in cui Krishna si rivolge ad Arjuna e l’interazione di Arjuna con l’universo sono sia reali che riflessi di un regno spirituale superiore, nel quale Arjuna deve adempiere i suoi doveri. Krishna parla di diversi tipi di Yoga, che sono le vie per l’unione tra il sé individuale e l’universo. Lo scopo dell’individuo è avvicinarsi all’unione con l’universo attraverso pratiche yogiche e la meditazione.
Numerosi commentari sulla Bhagavad Gita ne hanno aumentato la rilevanza e l’impatto nel corso del tempo. Uno dei più famosi è quello fornito da Mohandas Gandhi, che tenne una serie di discorsi su questo poema ai suoi seguaci nel 1926, utilizzandolo per ispirare il senso del dovere e della realizzazione personale attraverso l’azione giusta. La Bhagavad Gita ha inoltre ispirato molti studiosi e intellettuali occidentali, tra cui Carl Jung, Ralph Waldo Emerson, Aldous Huxley e Hermann Hesse. Ancora oggi, continua a esercitare una forte influenza su coloro che seguono le fedi yogiche e su chi desidera mantenere viva la tradizione indiana del dibattito argomentativo nella ricerca della verità.