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L’Arianesimo prende il nome da Ario, un prete cristiano di Alessandria che insegnava che il Figlio di Dio, la seconda persona della Trinità, non è Dio nello stesso senso del Padre. Ario credeva che il Figlio di Dio fosse stato creato dal Padre prima del tempo, ma che non fosse eterno come il Padre stesso. Una delle frasi più note attribuite ad Ario è: “C’è stato un tempo in cui Egli non esisteva”. Questa affermazione riassume il pensiero di Ario secondo il quale il Figlio, pur essendo una creatura eccezionale, non può essere considerato coeterno e consustanziale al Padre.

Quando il vescovo di Alessandria, Alessandro, si oppose agli insegnamenti di Ario, quest’ultimo cercò supporto presso Eusebio, vescovo di Nicomedia, il quale aveva l’orecchio dell’imperatore Costantino il Grande. Le tensioni dottrinali e le dispute che seguirono spinsero l’imperatore a convocare un concilio generale a Nicea nel 325 d.C., con lo scopo di risolvere il conflitto e unificare la Chiesa su una base dottrinale condivisa.

Al concilio, la posizione di Ario fu condannata da 318 vescovi, che elaborarono un credo volto a stabilire la posizione ortodossa della Chiesa sulla Trinità. Questo documento divenne noto come il Credo Niceno, e in esso si afferma che il Figlio di Dio è “Dio da Dio, Luce da Luce, vero Dio da vero Dio, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”. Il termine centrale del Credo è homoousios, che significa “della stessa sostanza”, ed esprime l’idea fondamentale che il Figlio è consustanziale al Padre, ovvero della stessa natura divina.

Le Turbolenze Post-Nicene

Nonostante la condanna ufficiale al Concilio di Nicea, l’arianesimo continuò ad avere una forte influenza per diversi decenni, in parte grazie al sostegno di vari imperatori. Alcuni di loro simpatizzavano apertamente per l’eresia ariana, mentre altri, desiderosi di mantenere la pace politica e l’unità nell’impero, cercarono di promuovere compromessi dottrinali che risultarono inaccettabili per i sostenitori dell’ortodossia. Alcuni vescovi, pur difendendo la divinità del Figlio di Dio, si opponevano all’uso del termine homoousios perché non compariva esplicitamente nelle Scritture, temendo inoltre che potesse evocare il Sabellianesimo, una precedente eresia che non distingueva adeguatamente le persone della Trinità, riducendole a semplici modalità o manifestazioni di un unico Dio.

Atanasio e la Difesa dell’Ortodossia

Il principale difensore della dottrina ortodossa fu Atanasio, successore di Alessandro come vescovo di Alessandria. Atanasio si oppose con forza a tutte le forme di arianesimo, sostenendo che il Figlio di Dio doveva essere pienamente Dio, poiché solo in questo modo poteva riunirci a Dio attraverso la sua morte sulla croce. Secondo Atanasio, se il Figlio non fosse stato veramente Dio, non avrebbe potuto portarci la vita divina.

Atanasio subì numerosi esili, ben cinque, a causa della sua strenua difesa del Credo Niceno. Tuttavia, il suo impegno fu determinante per la causa dell’ortodossia. Un sinodo presieduto da lui ad Alessandria nel 362 riuscì a riunire i sostenitori dell’ortodossia, chiarendo i malintesi sorti a causa di differenze terminologiche. Questo sinodo, insieme agli sforzi dei Cappadoci — un gruppo di teologi ortodossi, tra cui spiccano figure come Basilio il Grande, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzeno — preparò il terreno per il Concilio di Costantinopoli nel 381.

Il Concilio di Costantinopoli (381)

Il Concilio di Costantinopoli confermò il Credo Niceno e riaffermò la condanna dell’arianesimo, ponendo fine a questa lunga controversia dottrinale. I Cappadoci giocarono un ruolo cruciale nel consolidare la posizione ortodossa, grazie ai loro contributi teologici, soprattutto riguardo alla comprensione della Trinità. Il Concilio di Costantinopoli segnò la vittoria definitiva dell’ortodossia nicena sulla dottrina ariana, stabilendo che il Figlio è pienamente Dio, coeterno e consustanziale al Padre.

Conclusione

L’arianesimo, sebbene condannato, ebbe un impatto significativo sulla storia del cristianesimo, non solo per le dispute teologiche che generò, ma anche per il modo in cui influenzò le relazioni tra Chiesa e Stato durante l’Impero Romano. La battaglia teologica per affermare la consustanzialità del Figlio al Padre fu una delle questioni centrali per la Chiesa antica e contribuì a modellare il pensiero cristiano sul mistero della Trinità.

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